Il Governatore elogia Salvini: “La sua forza mi piace”. Ma dice il contrario: “I migranti non sono un problema.”
“Salvini? Voleva venire ancora in Molise e sono stato costretto a dirgli basta, non puoi venire sempre tu, sei già venuto tre volte”. Il Governatore Donato Toma non perde né la verve brillante né, tantomeno, la straordinaria capacità di incassare colpi di ogni tipo, nemmeno sotto le domande a tratti sferzanti e elegantemente beffarde di Ettore Maria Colombo, giornalista termolese che scrive soprattutto per il Quotidiano Nazionale – Il Resto del Carlino e che martedì sera, al debutto del Festival del Sarà in piazza Duomo, lo sottopone a una serie di quesiti incentrati sul Molise protagonista suo malgrado della rivoluzione politica italiana.
Ovvero: il famoso aprile 2018, quando la più sfigata regione italiana è diventata importante quanto l’Ohio per le presidenziali americane. Molise ovunque e comunque, Molise cartina di tornasole per la prova di forza al termine della più lunga crisi di governo della Repubblica italiana. Molise, regione generalmente ignorata e che conta come il due di picche, di colpo innalzata al ruolo di test nazionale, chiamata a decidere sugli equilibri politici.
E Donato Toma, altrettanto improvvisamente, da candidato per il centro-destra a vincitore a sorpresa della competizione che “rischiava” di mandare al governo i 5 Stelle. L’uomo pescato quasi per caso nella risicata lista di opzioni e che, sottolinea Colombo, si rivela una carta vincente. Uno che adesso sta sui tavoli nazionali. Uno che richiama ogni secondo l’arte della moderazione e della politica. Tutto il contrario di Matteo Salvini, che alla fine è diventato il vero leader del centrodestra, l’uomo che ha sfilato il monopolio del nazionalismo da sotto il sedere a una irriducibile pasionaria sovranista come Giorgia Meloni e ora, malgrado il ruolo di comando – vicepremier, ministro dell’Interno – continua a urlare di porti chiusi e blocco degli stranieri come e più che in campagna elettorale.
Toma, lui no. Lui è moderato. Parla alla testa. E parla di Salvini con un colpo al cerchio e uno alla botte, senza scomporsi. Se avesse i baffi sorriderebbe sotto i baffi, invece ha la faccia intonsa e la rivendica, pure: “Sono così come mi vedete, senza trucco e senza inganno”.
Così debutta il Festival del Sarà in piazza Duomo, cuore sociale, storico e politico (è il luogo dei grandi comizi democristiani e dell’exploit recente dei grillini, il teatro naturale di Lapenna e D’Aimmo e la piazza che ha consacrato Grillo, Di Maio e Di Battista), che apre con una tavola rotonda sul tema meno morbido che si riesca a immaginare, almeno di questi tempi. Un mondo aperto o chiuso? Impossibile non soffermarsi, a più riprese, su Salvini.
Impossibile per il presidente Toma sottrarsi a un responso. Nell’intervista pubblica di Colombo, cui il Governatore si sottopone di buon grado, si parla anche di Berlusconi. “Amico mio”, “stima reciproca”, “grande presidente”: le parole sono quelle che si riservano a un padre nobile caduto in disgrazia. Toma lo resuscita, ricordandone la generosità in campagna elettorale. “Mi ha sempre chiamato lui, ma solo per chiedermi in cosa potesse essermi utile”. E lei, presidente? “Gli ho chiesto che sarebbe stato utile se si fosse fatto vedere al mio fianco in campagna elettorale. Lui e gli altri leader”. Richiesta presa in parola, pure troppo. Toma rilancia: “Dopodomani (domani, ndr) sarò suo ospite. C’è un bel rapporto tra noi”.
E con Salvini, presidente? “Un ottimo rapporto, gli riconosco il ruolo indiscusso di leader del centrodestra”. Ma non sarà un po’ troppo estremista per i suoi gusti? “Oh, la sua forza mi piace. Certo, dovrebbe parlare di più alla testa e meno alla pancia, ma almeno ha acceso i riflettori dell’Europa su di noi e su un tema come quello della immigrazione.
Colombo, allargando qualche sogghigno tra i presenti che affollano la piazza e che evidentemente già conoscono i retroscena, ricorda il famoso primo luglio a Pontida. Quando, invitato a parlare, Toma elogia Berlusconi davanti alla verde platea leghista e legaiola. “Un momento epico, Toma, finito a fischi e insulti”. Ma anche qui il governatore del Molise non arretra di un millimetro rispetto alla imperturbabilità del commercialista abituato ad ascoltare le più fantasiose richieste di aspiranti evasori fiscali. “I fischi? – dice – anche quelli li prendo democraticamente”.
Moderato, Toma. Si barcamena con eleganza quando, subito dopo aver vagamente criticato il decreto dignità mostrandosi non completamente d’accordo (“i voucher non hanno fatto male al lavoro e alle imprese e la Flat Tax è sbilanciata”) si entra nel vivo di un dibattito che oltre a Ettore Maria Colombo vede personalità di spicco del giornalismo come Lorenzo Pregliasco, direttore di Youtrend, e Paolo Celata, inviato speciale maratonamentana, volto notissimo di La7. Qui Toma riesce a dire tutto il contrario di quelli che sono i cavalli di battaglia di Matteo Salvini senza smettere di professare la sua moderazione. Immigrati? Non sono un problema per il Molise? L’accoglienza? “Da noi è dignitosa”
“Mi vedo spessissimo con le prefetture – dichiara – abbiamo 3000 immigrati e sono tanti per una regione come il Molise. Ma le soluzioni si possono trovare. Così fa un politico, così deve fare la politica”. Quasi una stoccata al vicepremier o premier-ombra del governo Conte che dir si voglia, da che da 50 giorni parla solo di immigrazione.
Se ne parla – in ben altri termini – anche a Termoli, nella prima serata di un Festival che ha la pretesa di ragionare di futuro e provare a guardare più lontano dei pochi mesi che ci separano dalla prossime vacanze natalizie.
Celata ricorda il fallimento della politica rispetto anche alla grande incompiuta dell’Europa. Pregliasco – dati e sondaggi alla mano – evidenzia la percentuale bulgara di italiani d’accordo con Salvini. Si parla di fenomeni e problemi percepiti, ed è chiaro, almeno in piazza Duomo a Termoli, che la impostazione salviniana non piace a nessuno. Presidente Toma compreso, che si lascia perfino scappare a un certo punto: “Oggi non ha senso parlare più di destra o di sinistra”. E annuncia: “Resterò 5 anni per il bene dei molisani, intanto domani (oggi, ndr) sarò in Calabria per discutere con le altre regioni del sud di regionalismo differenziato”. Nella pecorella salvadanaio dove si mettono le idee lui piazza venti milioni di euro: “Sono quelli che la Regione Molise non ha speso dopo 2 anni di ritardo. Io li spenderò tutti entro il 31 dicembre. E non me ne vado da nessuna parte, resto qua: il mio posto è il Molise”.