TERMOLI DIALOGA SUL FUTURO. 24, 25, 26 LUGLIO 2017 | HOME | CONTATTI | PRESS |

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Comunicati e News dal Festival del Sarà
24
Lug

Il re del marketing turistico: “Il Molise dovrebbe esistere di più. E decidere cosa vuole vendere”

Spagnolo d’origine, italiano d’adozione, Josep Ejarque è amministratore delegato di Four Tourism, società di consulenza internazionale specializzata nel turismo. Professionista in Destination Management, ha diretto anche Turismo Torino, ed è considerato uno degli artefici del cambiamento positivo della città. Sarà a Termoli il 26 luglio, per il Festival del Sarà, e parteciperà alla tavola Rotonda su Cibo, Salute, Turismo. Conosce il Molise “che non esiste, e che dovrebbe esistere di più”. E dice: “Oggi il turismo si fa online, e la web reputazione è fondamentale. Per avere peso nel mercato delle offerte bisogna creare una proposta turistica strutturata e organizzata. vendere tutto non funziona, bisogna decidersi”. Il Molise? “Dovrebbe puntare su turismo rurale, enogastronomia e spiagge per famiglie e bambini”.

Nel caos di mail che arrivano, telefoni che squillano e richieste di consulenza a getto continuo, Josep Ejarque – amministratore delegato di Four Tourism, società di consulenza internazionale, strategica ed operativa, specializzata nel turismo – riesce a trovare qualche minuto libero per parlare. Lui, che studia i flussi turistici delle mete più famose e ambite del mondo, esperto nella pianificazione turistica di città come Napoli, Torino, Barcellona, considerato un genio della cosiddetta web reputazione, parte proprio da qua. Dal Molise.Dove verrà, il 26 luglio prossimo per il Festival del Sarà. Dove tornerà, anzi. perché Josep Ejarque, questo mago di fama internazionale del marketing turistico, specializzato nelle strategie più efficaci per vendere il territorio, il Molise lo conosce già. Ci è già stato.

Conosce il Molise, davvero?
«Sì, e mi ha incuriosito parecchio quel detto che circola sulla regione che non esiste…»

Ah, evidentemente è uno slogan che funziona. Che si fa ricordare.
«Esatto. Un trampolino di lancio»

Il Molise che non esiste…
«E invece il Molise esiste, l’ho toccato con mano. Ma dovrebbe esistere di più»

In che senso?
«E’ una regione piccola, ma ha particolarità che turisticamente potrebbero funzionare. Magari il mare non è straordinario, se comparato con altre zone italiane, ma ci sono belle spiagge, unicità come i Trabucchi. E le zone interne non sono affatto male, alcuni paesaggi sono incantevoli».

La sua società conta su qualche cliente molisano? Enti pubblici, associazioni di promozione…
«No. Non ancora».

La cultura della pianificazione turistica qui è materia in parte sconosciuta.
«Tuttavia comunicare il turismo oggi è fondamentale. Ed è per questo che ho detto che il Molise dovrebbe esistere di più, perché non ha ancora deciso con precisione cosa vendere al turista. Se vuoi entrare nel mercato turistico, in fondo, devi proporre non il territorio ma un prodotto-territorio».

Per i non addetti ai lavori cosa significa?
«Che oggi non premia vendere il territorio in maniera generica. Mi spiego: quando parliamo di territorio noi ci infiliamo dentro tante cose. Cultura, il nostro dna, la nostra enogastronomia, eccetera. Ma il mercato non ragiona con questa logica. Ragiona in base ai suoi bisogni. Se io per esempio voglio fare bicicletta, non comprerò il territorio ma comprerò una destinazione turistica che mi propone sentieri, paesaggi, piste ciclabili, paesaggi adatti a fare bicicletta».

Quindi cosa bisognerebbe fare?
«Creare una proposta turistica strutturata, organizzata sulla base della logica di mercato. Ci sono regioni che sono riuscite a farlo, e non parlo del solito Trentino. Anche vicino a voi, penso alle Marche o alla Puglia. Quando tu compri il Salento, per esempio, metti insieme mare, buon cibo e buona climatologia, senza infarcire la proposta di troppe cose».

Mettere nella stessa pentola troppi ingredienti è l’errore che fa il Molise quando promuove se stesso?
«Forse. E’ probabilmente un errore mettere dentro al territorio troppe cose. Chi vuole fare montagna non presterà mai attenzione a una comunicazione che gli parla di mare. Oggi il turismo è online. Google dice che il 65 per cento di turisti cercano informazioni per le vacanze tramite i motori di ricerca e quando entrano non hanno la più pallida idea di dove andar. Scrivono quello che vogliono fare: spiaggia famiglia, spiaggia coppie, mare pulito, bicicletta, eccetera eccetera. Bisogna partire da qua per vincere la sfida con la competizione».

Lei è un grande esperto di reputazione delle mete turistiche. Cosa vuol dire, esattamente?
«Immettere sul mercato una immagine positiva di una destinazione oggi è fondamentale. Vale per i posti, gli alberghi, i ristoranti, tutto. Non siamo più quello che noi raccontiamo, ma quello che il mercato dice di noi. Questa è la reputazione nell’era del turismo su internet e del web. E la reputazione non deve essere subita ma gestita».

Come si fa?
«Si deve fare in modo che si parli bene di noi. Non dimentichiamo che il 55 per cento degli utenti di Facebook dichiara di essere influenzati nella scelta delle vacanze da quello che dicono gli amici delle loro vacanze e delle immagini che postano. Oggi il web è un campo di battaglia, e contenitori come Tripadvisor sono fondamentali per orientare le scelte».

E se il mio ristorante, per esempio, ha una brutta reputazione su Tripadvisor? Si può rimediare?
«Certo, bisogna fare in modo che se ne parli bene, coinvolgere i turisti, gli ospiti. Quindici giorni fa ero in un ristorante a Barcellona e avevo appena terminato la cena. Cucina casalinga, buona ma niente di eccezionale. Mi hanno portato il conto in una sorta di bustina e dentro c’era un biglietto con scritto “Per favore dai la tua unione a Tripadvisor”. Così, senza nessun tipo di problema».

Insomma, non si può proprio evitare di mettersi sul mercato…
«Esatto. Altrimenti si perde la sfida. Bisogna puntare a buone posizioni nella indicizzazione delle ricerche online sulla scelta delle mete, a un marketing efficace. E ricordarsi di vendere un prodotto, non solo un territorio».

E il Molise cosa dovrebbe vendere, secondo lei?
«Penso al turismo rurale, perché il Molise ha una bellissima campagna e le condizioni ideali per chi cerca questo tipo di proposta. L’enogastronomia, senza dubbio: si mangia e si beve benissimo».

E il mare no?
«Anche il mare. Ma non in maniera indifferenziata, come avviene. Da voi ci sono spiagge certamente sicure, senza correnti né scogli selvaggi, quindi bisogna concentrarsi sul turismo per famiglie. Bisogna proporsi come la destinazione di turismo balneare più adatta ai bambini, e insistere su quello»

Lei, mi scusi, quando pensa a come valorizzare e vendere un posto, cosa studia? Che approccio ha?
«Io mi faccio semplicemente una domanda, quella che dovremmo farci tutti quando ci presentiamo a qualcuno. Come ti chiami? Sapere il nome e il cognome. Del Molise io so il nome, non so ancora il cognome».