Dai siti culturali alle navi che salvano vite umane passando per le aziende: l’Italia più bella e che sa raccontarsi al Festival del Sarà
Un confronto illuminante sul valore della bellezza e della narrazione della stessa nella seconda serata del Festival del Sarà.
I successi dell’Italia, delle sue aziende pubbliche così come di quelle private, passano per uomini e donne che contribuiscono a valorizzare il nostro Belpaese riuscendo a superare stereotipi che la condannerebbero alla stasi. Alcuni di loro erano presenti ieri, 25 luglio, per la seconda serata del Festival del Sarà 2019. “La bella Italia. Storie di brand, storie di successi”, questo il filo rosso del dibattito.
Perché quello che accomuna le varie e diversificate esperienze portate ieri sul palco di piazza Duomo a Termoli è proprio la difesa della bellezza. Come? Che sia con scelte imprenditoriali, sociali o comunicative non fa differenza.
Testimoni ne sono stati Mauro Felicori, ex direttore della Reggia di Caserta e oggi commissario straordinario della Fondazione Ravello, Luca Faenzi, responsabile della comunicazione della Ong Mediterranea, Ilaria Nembro, manager della comunicazione di Tesa Group, e infine i comunicatori esperti di giornalismo d’impresa Daniele Chieffi (Factory Agi) e Roberto Zarriello (social media specialist di Tiscali News). Con loro sul palco c’erano naturalmente Antonello Barone, ideatore del festival e conduttore della serata, e Nicola Cesare, promotore della manifestazione col suo gruppo imprenditoriale e, anche ieri, in veste di sondaggista.
Ospiti di spessore per una serata che ha riscosso molto apprezzamento e che ha visto susseguirsi interventi di ‘raro’ valore. A cominciare da Mauro Felicori, una personalità eminente in fatto di direzione di siti culturali. Lavora con la bellezza e per la bellezza il dirigente bolognese, e lo fa con una cifra che negli ultimi anni lo ha reso noto e anche ‘chiacchierato’. Nel suo discorso ha messo in luce l’imprescindibile necessità di portare una cultura manageriale all’interno della pubblica amministrazione e in particolare nel settore dei beni culturali.
Musei come imprese dunque e cultura che può produrre ricchezza. Ma perché ciò accada c’è bisogno – per Felicori – di una ‘rivoluzione aziendale’ per il settore pubblico che invece paga lo scotto di logiche “inefficienti e parassitarie”. Con un cambio di rotta – come quello che ha portato lui nella residenza reale più grande al mondo, solo per dirne una – i siti culturali potrebbero divenire una locomotiva per la crescita. “La classe dirigente dei musei italiani non comprende l’importanza dei numeri”, come se parlare di marketing e fatturato fosse per loro un’onta. Per Felicori i numeri invece contano, purtuttavia è ben consapevole che il fatturato di un museo non si misuri esclusivamente in euro. Quello che lui fa non è solo raddoppiare il numero di visitatori di un sito culturale ma portare prepotentemente all’attenzione una narrazione e delle idee innovative che, se attuate capillarmente, potrebbero far spiccare il volo alla nostra Nazione.
La bellezza è anche scegliere dove bisogna stare ed è quello che ha fatto Luca Faenzi con la sua ‘Mediterranea’ , una compagine sociale che riunisce varie realtà e che, attraverso un’ingente e sbalorditiva raccolta fondi, è riuscita a mettere nelle acque del Mediterraneo una nave italiana per i salvataggi. Immersi nella retorica della paura, l’operazione di Mediterranea assume un prezioso valore comunicativo oltre che sociale. Luca Faenzi ne è consapevole e nel suo lavoro sa quanto sia importante ristabilire una verità che si contrapponga a quella che è diventata ormai un’egemonia culturale fatta di ‘false verità’.
La verità invece è che la frontiera del Mediterraneo è la più letale al mondo – in dieci anni circa 65mila persone vi hanno perso la vita -, che la migrazione è un fenomeno inevitabile e, ancora, che quella via terra è molto più impattante di quella via mare. Un po’ come dire che siamo al centro di una battaglia politica strumentale. “Si parla fin troppo dei salvataggi in mare, ci sarebbero anche altre cose di cui parlare ma si sceglie di non farlo”, le parole pregnanti di Faenzi.
Anche Mediterranea dunque è un marchio, un brand, che veicola un’immagine e un’orizzonte valoriale. Al pari delle aziende come è emerso chiaramente dalle parole della manager di Caterpillar Ilaria Nembro e dei giornalisti/comunicatori d’azienda Daniele Chieffi e Roberto Zarriello. Nei loro interventi i tre hanno sottolineato l’importanza della comunicazione e del saper costruire una narrazione identitaria forte. Così come è stato ben evidenziato il ‘peso’ della responsabilità nel fare ciò visto il potere enorme che la comunicazione oggi assume nel mondo dei social. L’esigenza – per Chieffi – è quella di farsi garanti (giornalisti in primis) di una narrazione che sia veritiera, nel servizio pubblico così come nelle aziende private.
Nicola Cesare con i sondaggi della sua società Digis ha mostrato in numeri il valore della marca per i consumatori e la percezione degli italiani rispetto al fenomeno migratorio. Con risultati a volte spiazzanti e che dimostrano, ancora una volta, l’influenza che assume ciò che viene raccontato. Una responsabilità, certo, ma anche una grande opportunità.
Il Festival del Sarà si concluderà stasera con le testimonianze de ‘Il modello Bologna, il modello Emilia-Romagna’. Appuntamento alle 21 in piazza Duomo.
A cura di Roberta Morrone – www.primonumero.it