DIALOGHI SUL FUTURO. 24, 25, 26 LUGLIO 2019 | CONTATTI | PRESS |

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Comunicati e News dal Festival del Sarà
26
Lug

Il prof di Diritto delle Religioni torna nella ‘sua’ Termoli. “Siamo fatti di diversità, dopo i muri di oggi il futuro sarà stare insieme”

Intervista ad Antonello De Oto, docente di ‘Diritto delle Religioni’ all’Università di Bologna. Termolese di nascita, tornerà nella sua città in occasione del Festival del Sarà e dunque per portare il suo contributo di conoscenze ed idee al Molise.

Antonello De Oto è uno di quei termolesi che ha costruito la propria carriera fuori dai confini regionali, nel caso specifico a Bologna dove insegna all’Università. Il Festival del Sarà costituirà l’occasione per lui per riabbracciare la sua città e per i termolesi di ascoltare il suo intervento in occasione della serata conclusiva della manifestazione. Stasera, 26 luglio, infatti l’argomento sarà incentrato proprio sul ‘Modello Bologna. Modello Emilia-Romagna’ e gli ospiti che interverranno porteranno la loro testimonianza diretta.

Vissuto a Termoli fino ai 18 anni, Antonello De Oto si è poi trasferito nel capoluogo emiliano per gli studi universitari. Laureato in Giurisprudenza col massimo dei voti, dopo l’esperienza di dottorato a Perugia in ‘Diritto ecclesiastico e diritto canonico’ è tornato a Bologna dove nel 2005 è divenuto ricercatore. Dal 2015 è titolare di cattedra di Diritto delle Religionipresso il Dipartimento di Scienze giuridiche. Per via della sua formazione e del suo percorso lavorativo è un osservatore privilegiato delle dinamiche che hanno a che vedere con l’espressione religiosa e la conseguente convivenza tra persone con fedi diverse, condizione necessaria nel mondo sempre più globalizzato.

Il diritto delle religioni è una materia che permette un approfondimento del tema della diversità e ha molto a che vedere anche con l’integrazione.

«Sì, infatti ho lavorato molto sul tema dei migranti, dell’integrazione, dello stare insieme, dei convincimenti non solo religiosi ma anche ideologici. Siamo naturalmente ‘fatti’ di diversità anche se questo oggi viene un po’ messo in discussione. Ma sono sicuro che torneremo necessariamente a ragionare sullo stare insieme. Non può che esser così, il futuro è questo. Dopo i muri c’è sempre l’incontro».

Qual è lo stato dell’arte del diritto di espressione religiosa nel nostro paese?

«Noi abbiamo un’ottima Costituzione che agli articoli 7, 8 e 19 tutela molto bene il diritto a professare la propria fede. Abbiamo ovviamente un rapporto consolidato, storico, con la religione cattolica, stabilito anche da un Concordato che è ancora un buon punto di riferimento dei rapporti tra Stato e Chiesa. Ma non è solo questo. Il pontificato di Papa Francesco ha aperto molte porte al dialogo dello Stato con le altre confessioni religiose, pur rimanendo ferma la sua condanna su alcune questioni come la criminalità organizzata e altri fenomeni antievangelici. Quanto alle altre minoranze, sono anch’esse ben tutelate dalla Costituzione però dobbiamo registrare che ancora oggi, per una scelta politica fatta – sostanzialmente – dal Governo, l’accordo con l’Islam non c’è e penso non arriverà. Anche se sarebbe bene farlo, anche perché regolamentare significa oltretutto controllare».

Lei vive in Emilia-Romagna, una regione più avanti della nostra nel governare certi fenomeni. Qual è l’esperienza di quella regione e in cosa differisce dal caso molisano che, probabilmente, essendo termolese conosce?

«Io amo la mia terra però qui mi sono sentito accolto in una maniera meravigliosa. Bologna è una naturale città d’incontro essendo uno dei più importanti atenei del mondo, e la città universitaria è una città nella città. Tanti studiano qui e vi rimangono a lavorare perché si sentono accolti da questo contesto che offre opportunità di lavoro ma anche di vita e sociali. Al Festival del Sarà proporrò un’idea al governatore del Molise. Una cosa che qui ha funzionato molto è stata la Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo. Gli emiliano-romagnoli che sono andati via, che hanno avuto successo in varie parti del mondo, tornano indietro ogni tanto per aiutare la propria terra, partecipando così a dinamiche di sviluppo per il loro territorio di origine.

A me, da molisano, piacerebbe molto che anche in Molise ci fosse questo. Io vedo tanti molisani che come me vivono e lavorano fuori, che hanno avuto successo. Ebbene, torniamo per le vacanze però ci piacerebbe poter aiutare maggiormente questa terra che amiamo, in cui siamo nati. Mi sembra una cosa di senso. Perché non lanciamo una consulta di molisani espatriati? Può essere un organo consultivo di aiuto al governatore stesso. Utile per portare relazioni, esperienze, idee…»

Lei vede prospettive di miglioramento per il Molise?

«Assolutamente sì, il Molise in sé ha grandi potenzialità, basterebbe solo fare alcuni passaggi. Noi abbiamo tutto, dal mare alle opere d’arte, dalla montagna alla collina. Però abbiamo una viabilità terribile e questo ci penalizza moltissimo. Inoltre, tanto per dirne una, bisognerebbe sviluppare di più i rapporti con chi abbiamo di fronte ovvero con i Balcani che sono un nuovo mercato a cui dovremmo guardare».

Come ha accolto questa partecipazione al Festival del Sarà?

«Non torno spesso nella mia città. Si può dire che incarno il detto ‘Nemo propheta in patria’. Sono stato chiamato a parlare in tutta Europa però paradossalmente non ero mai stato chiamato a Termoli. Sono particolarmente contento di poterlo fare e per questo devo ringraziare Antonello Barone per avermi invitato. Avevo un convegno a Roma ma ho detto ‘No, devo andare a Termoli’. Ci tenevo particolarmente. È un doppio piacere».

 

A cura di Roberta Morrone – www.primonumero.it